sabato 21 novembre 2009

"LA STRADA E I SUOI RUMORI MI HANNO INSEGNATO IL PASSARE DEL TEMPO, FORSE ADDIRITTURA UN PO’ DI STORIA, INFATTI MI RICORDO DI QUANDO...

"LA STRADA E I SUOI RUMORI MI HANNO INSEGNATO IL PASSARE DEL TEMPO, FORSE ADDIRITTURA UN PO’ DI STORIA, INFATTI MI RICORDO DI QUANDO … dovevo trovare la strada per il centro. Non era lontanissimo da dove ero, ma era la mia prima volta a Sarajevo. Sentivo dentro di me una sensazione di strana amarezza, forse per il decadente aspetto della città o forse per l'onnipresente segno dei buchi dei proiettili sulle case... o forse perché tutto sommato ero sorpresa nel sentire intorno a me una tale normalità in un posto cosi assurdo, una normalità che esprimeva un tenace desiderio di vita nuova degli abitanti che volevano semplicemente archiviare il passato carico di cosi tanto dolore e morte.
Il rumore del tram che attraversava il grande viale centrale della città accompagnava i miei passi. Questo tram era fantastico, ogni volta che passava sentivo il rumore dei decenni di servizio e mi chiedevo cosa lo potesse tenere insieme. Era veramente sgangherato. Ma andava bene. funzionava bene ed era sempre carico di gente. Andava cosi bene che divenne il mio mezzo di trasporto preferito.
Calata nella realtà quotidiana della città, osservavo la folla, i luoghi, le strade e cercavo la forza di ricordare e di immaginare che cosa fosse successo in questi posti. Come potevano essere più belli prima della guerra o di come potevano essere orrendi durante l'assedio. Mentre camminavo verso il centro o sul mio tram numero tre, pensavo come potevano aver vissuto le persone in quella città sotto i tiri dei cecchini per quattro anni, senza elettricità, acqua corrente, senza libertà e senza sapere se in quello stesso momento sarebbe stato il momento del fatidico incontro finale con la pallottola della loro vita.
Più cercavo nella mia memoria più il mio disagio aumentava perché di quel periodo di Sarajevo (1992-1995) mi ricordavo poco o nulla. Come si fa a immaginare cosa è successo tra queste case? Sparare nelle strade? E io dov'ero, come mai non mi ricordo nulla, non ne parlavano alla tele? Dove vivevo beatamente in quei quattro anni di assedio? Ma come hanno potuto resistere cosi tanto? Ricordo che si diceva che sparavano dalle colline... ma io non vedo colline, queste sono montagne! Come avrei potuto vivere la stessa cosa, se fosse successa a torino? Come siamo inconsapevoli dalle nostre case degli orrori che succedono fuori...
Ci sono delle zone bianche sulle montagne di Sarajevo che si distinguono chiaramente anche da lontano. Sono cimiteri, si vedono da tutta la città. Immensi, fittissimi cimiteri separati per religione ed etnia, ordinati, precisi, almeno in quello hanno trovato accordo, anche se, alla fine, sono andati tutti nella terra.

Tornando a casa mi sono resa conto di quanto siamo fortunati a non aver mai visto la guerra nel posto in cui viviamo. Non so come dire quanto sia brutta la guerra. La costante sensazione di avere la tua vita, il tuo mondo e tutto il resto appesa ad un filo sottile, molto più sottile di qualsiasi altro filo. Non è un luogo comune... penso che chi ha vissuto una guerra non la dimentica per tutta la vita e chi ha il coraggio di fare una guerra è perché non ne ha mai vista una o perché non sa che cosa stupenda e meravigliosa sia la pace.
Sarajevo, BIH, 2 Ottobre 2009.

1 commento:

  1. ...ehi, anche io sono stata a Sarajevo... e mi ritrovo nelle tue parole...

    Grazie!

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