mercoledì 27 gennaio 2010

Timisoara, 19 dicembre 1989

Timisoara, 19 dicembre 1989

Drag Vasile,

ieri sera ero emozionata all’idea di scriverti e non vedevo l’ora che fosse giorno per poterlo fare. Volevo raccontarti tante cose e volevo chiederti tanto di te, ma adesso è come se tutto questo non avesse importanza.

Ieri fremevo all’idea di chiederti se il lavoro ti stanca tanto, se sei riuscito a mettere da parte i soldi per iscriverti all’università di Cluj, se ti ricordi ancora della promessa che mi hai fatto, di portarmi al mare per vedere se davvero il sole rosso rosso sorge sull’acqua ancora scura e se è meraviglioso come dicono. Volevo domandarti se Suzanna e Stelluzza hanno imparato a leggere e a scrivere, se i tuoi amici abitano ancora dalle tue parti o se si sono trasferiti più a sud, se quest’autunno sei andato nei boschi a cercare funghi e se d’estate hai fatto il bagno nel fiume, se avete appeso agli alberi le pentole contro gli spiriti nonostante il divieto di ogni credenza, se i tuoi genitori stanno bene, se tuo fratello continua a litigare con tuo padre o se invece si è sposato, se tu -anche se mi sembra impossibile e mi dispiacerebbe- ti sei fidanzato con una ragazza del tuo paese, se… Quanti se e quante domande!!!

Mentre sarei io a doverti raccontare la novità che fino a ieri mi scombussolava tutta e mi sembrava la più grande notizia del mondo: Maruka si sposa!!! Ti ricordi Januz, che ci portava sempre i cioccolatini? Ha chiesto a mia sorella di sposarlo e ovviamente lei è stata felicissima. Papà è contento che lei si sistemi, ma la mamma è un po’ triste, dice che non è tempo di matrimoni questo e che porta male sposarsi alla veloce, senza il vestito bello e con i capelli legati come una zingara. Sai, la famiglia di mamma è ungherese e lei è abituata a cerimonie lunghe e romantiche, ma non si rende conto che la sua epoca è passata e che ormai sono cambiate tante cose.

Ma, ecco, vedi, tutto questo, persino il matrimonio di Maruka, mi sembra poco importante ora. Ci sono altre novità che voglio raccontarti, e mi trema la mano nello scrivere. Oh, se tu fossi qui a vedere cosa sta accadendo! Sento che non sono in grado di renderti l’idea di quello che succede, ma voglio provarci lo stesso.

Tutta la città è in subbuglio, sembra che il mondo intero stia cambiando! Qualcuno dice che questa è la rivoluzione. Ma la rivoluzione non era quella di settant’anni fa? Quella che avrebbe dovuto portare uguaglianza e benessere, e che invece ci ha riempiti di divieti e paure? Di polizia e controlli? Non lo so, ma sembra una guerra. La Militia spara sulla gente, ma altra gente continua ad arrivare, carica di energia e di voglia di combattere. Non ho mai visto tanta gente e tanta forza. Ma dov’erano in tutto questo tempo? È come se le persone fossero rimaste chiuse nelle case e nelle fabbriche come delle crisalidi e ora finalmente escono tutti fuori.

Chissà se tu, nella campagna del Maramuresc, hai sentito qualcosa! No, non credo che le notizie arrivino da te. Cercherò di raccontarti con ordine: il pastore László Tőkés -te lo ricordi?- ha osato criticare il regime ed è stato costretto a rinunciare alla tonaca ed espulso dalla città. Ma lui non è voluto andare via e i suoi amici lo hanno difeso. Persino il sindaco ha deciso di stare dalla sua parte e sono scesi in piazza. La Militia è intervenuta, ha sparato sulla gente e ha vietato di sostare nelle piazze e camminare per strada in gruppi di più di cinque persone. Ma la gente non ha ubbidito, ha continuato a scendere in piazza, a manifestare, a cantare. Cantano Deşteaptă-te, Române e mi sembra di sentirlo, dentro il cuore, nello stomaco, nel sangue. Non l’ho mai cantato, non l’ho mai sentito cantare se non un paio di volte da mio nonno, anni fa, fino a che mio padre non gli ha urlato di smetterla se non voleva che tutta la famiglia rischiasse la vita. Ma lo sento già mio e voglio insegnarlo ai miei figli, se un giorno ne avrò.

Non possiamo uscire, papà non vuole e io stessa ho paura. Ma quanto vorrei non essere così bloccata, da me stessa e dai loro ricatti! Se tu fossi qui …non lo so… sento che avrei più coraggio. Ho il fuoco nel cuore, ma devo ingoiarlo come si butta giù bicchiere di palinka, aspro e forte, perché non posso urlare e unirmi alla protesta. Noi donne dobbiamo sempre aspettare e trattenerci, perché non possiamo mai scegliere che ruolo avere. Siamo comunque figlie, e un giorno saremo madri, e perciò sempre responsabili degli uomini che vivono con noi e a loro ubbidienti. La nostra guerra la combattiamo dietro la finestra con il cuore in mano. Ma sarà sempre così?

Tra una settimana è Craciun, e sento che sarà diverso dagli anni passati. Il mondo sta cambiando, e sto cambiando anche io. La gente ha preso nelle mani le sorti del paese, e questo Craciun ce lo ricorderemo tutta la vita. Ma anche io prenderò nelle mie mani la mia vita e non rimarrò sempre a Timisoara. Basta mia sorella per riempire di copii la casa dei miei. Deşteaptă-te, Române mi urla nel cuore e sento che lo ascolterò.

Ti abbraccio, drag Vasile, e aspetto con ansia tue notizie,

noroc,

Brigi